Il
28 e il 29 agosto di ogni anno a L’Aquila si rinnova il rito solenne della Perdonanza, l’indulgenza plenaria perpetua che
Celestino V, la sera stessa della sua incoronazione a pontefice,
concesse a tutti i fedeli di Cristo.
Prima di salire al soglio pontificio,
Pietro Angeleri, questo era il suo nome secolare, aveva trascorso molti anni di
vita eremitica, in special modo in una grotta sul monte Morrone, sopra Sulmona, ricevendo dai suoi devoti l’appellativo di Pietro del Morrone.
Il
5 luglio 1294 fu designato dal conclave riunito a
Perugia come successore di papa Niccolò IV, la cui morte (1292) aveva
lasciato la sede vacante per più di due anni. Dall’eremo di
Sant’Onofrio al Morrone
nel quale si era ritirato, Pietro, a dorso di un asino e avendo come
palafrenieri re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello, mosse alla
volta di L’Aquila.
Il
29 agosto 1294 nella
basilica di Santa Maria di Collemaggio,
costruita per sua stessa volontà e consacrata nel 1288, fu eletto papa.
Alla cerimonia solenne parteciparono oltre ai due re, cardinali e
nobili, ma soprattutto un immenso popolo, composto, secondo le fonti, da
più di duecentomila persone, che ricevettero dal nuovo pontefice un
dono di portata straordinaria.
Quanti confessati e sinceramente pentiti, dai vespri del 28
agosto fino ai vespri del giorno 29, festa di san Giovanni Battista,
avessero visitato devotamente la basilica di Collemaggio, avrebbero
ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l’assoluzione
dalla pena.
Fino ad allora, l’indulgenza plenaria era stata concessa solo a favore
dei crociati in partenza per la Terra Santa e ai pellegrini che si
recavano alla Porziuncola di Assisi. Appannaggio per lo più dei ricchi,
che in cambio di sostanziose elemosine avrebbero ottenuto almeno la
remissione parziale dei peccati, a L’Aquila il Perdono sarebbe stato
rinnovato annualmente e concesso anche a poveri e diseredati.
L’indulgenza celestiniana apparve da subito nella sua valenza spirituale
ma anche nel suo significato politico, in quanto occasione per
accrescere il potere economico e civile della giovane città. Lo
straordinario evento giovò a L’Aquila enormemente:
«diffuse molto
lontano la sua fama e grande impulso ne ebbero lo sviluppo edilizio, il
popolamento da parte delle genti del contado e i traffici che si
cominciavano ad allacciare» (A. Clementi, E. Piroddi).
Il 29 settembre, la cancelleria papale formalizzò la concessione di
Celestino V con l’emanazione di una bolla affidata all’autorità civile
della città, che ne garantì la conservazione, avocando a sé anche il
diritto sulla cerimonia del Perdono, alla quale le autorità religiose
erano invitate solo a partecipare
La prima celebrazione solenne ebbe luogo nel 1295, contro la volontà di
Bonifacio VIII,
pontefice in carica, che tentò di annullare l’indulgenza celestiniana
con una bolla emanata il 18 agosto 1295, cioè a soli dieci giorni di
distanza dalla prima occasione che i pellegrini avevano per poterla
lucrare. I fedeli, i monaci di Collemaggio e l’autorità civile non si
curarono del provvedimento del nuovo papa e, rifiutandosi di
consegnargli la Bolla, così come era stato loro ordinato, si adoperarono
da subito perché la cerimonia avesse il risalto che le si confaceva. Un
corteo solenne, al quale per disposizione statutaria dovevano prendere
parte ogni anno il vescovo e il clero, vestiti con paramenti
convenienti, con croci e vessilli, accompagnò la
Bolla alla basilica di Collemaggio, affinché fosse letta e mostrata ai fedeli.
La cerimonia del Perdono, solo con termine moderno chiamata Perdonanza,
si arricchì particolarmente dopo il 1327, quando le spoglie di papa
Celestino furono “traslate” da Ferentino (Frosinone), dove erano
conservate, a Collemaggio e le sue reliquie mostrate al popolo. Fu nel
XV secolo, invece, che invalse l’uso di entrare in Collemaggio
attraverso la Porta Santa posta sul fianco sinistro dell’edificio sacro,
secondo quanto avveniva nelle basiliche patriarcali romane in occasione
del giubileo, indetto per la prima volta nel 1300 da papa Bonifacio
VIII.
Il corteo della Bolla, che ancora oggi ogni 28 agosto
sfila per le strade della città, è coevo al rito del Perdono. Sin dal
suo primo apparire, ebbe la funzione di accompagnare solennemente la
Bolla dell’indulgenza celestiniana dal Palazzo del Magistrato, l’odierno
palazzo di Margherita d’Austria oggi sede del Comune, alla basilica di Santa Maria di Collemaggio,
connotandosi in tal modo per un forte valore sociale che ancora oggi
mira a rinsaldare i legami interni alla comunità laica e credente.
Nella rievocazione odierna del corteo storico, infatti, le autorità
civili e religiose sono accompagnate da dame e cavalieri in costume
d’epoca, circa mille figuranti, in rappresentanza del gruppo storico del
comune di L’Aquila, dei castelli che contribuirono alla fondazione della città, ciascuno con il proprio gonfalone di riconoscimento, dei Quarti
in cui essa è suddivisa, e anche dei gruppi storici, italiani e
stranieri, provenienti da località legate in vario modo alla storia
medievale aquilana. Sfila, ad esempio, una rappresentanza della città di
Rottweil, gemellata con L’Aquila, in ricordo dello stampatore tedesco, Adamo di Rottweil, allievo di Gutenberg, che nel 1481 si trasferì in città da Venezia, introducendo la stampa a caratteri mobili.
Le figure principali del corteo sono: la Dama della Bolla,
la quale regge il cuscino su cui è posato il fodero cilindrico che,
fino al 1997, conservava la pergamena con l’indulgenza di papa Celestino V, e il Giovin Signore,
che reca in mano un ramo di ulivo con cui, una volta giunto davanti
alla Porta Santa della basilica celestiniana, il Cardinale designato
dalla Santa Sede batte per tre volte sul portale, ordinando così la sua
apertura ufficiale.
Tra le altre figure, la Dama della Croce, con il cuscino su cui è adagiata la croce che il Sindaco dona a nome della cittadinanza al Cardinale Designato.
La Bolla del Perdono,
esposta per un intero giorno nell’edificio di culto sacro a Celestino,
la sera del 29 agosto, dopo la chiusura della Porta Santa ad opera
dell’Arcivescovo di L’Aquila, viene ricondotta nel Palazzo Civico,
accompagnata da un corteo altrettanto solenne ma di minore sfarzo, con
cui si chiude ufficialmente il rituale sacro.